"Con le chiavi in tasca"

Il rumore sordo del portone in ferro che si chiudeva alle mie spalle, gli sguardi curiosi dei ragazzi. La paura, lo smarrimento di chi aveva l'aria di essersi ritrovato lì senza neanche accorgersene. L'incertezza di un domani invisibile agli occhi di chi non riusciva ad immaginare una vita fuori da quelle quattro mura... che in fin dei conti... quattro mura non erano.
Le prime volte, mentre ero in attesa che l'assistente preposto ci aprisse l'ultimo cancello avevo il cuore a mille. Sapevo che di lì a poco sarei tornato a casa, comodamente a casa, come tutti i giorni. Sapevo e mi ripetevo che ero di passaggio, che ero lì per "lavoro", che era soltanto questione di qualche ora. Il tempo di un colloquio, un paio di documenti da firmare, una stretta di mano, una lettera da consegnare, quattro chiacchiere e, al massimo, qualche calcio ad un pallone durante l'ora d'aria. Sapevo che era così eppure sentivo che qualcosa dentro di me stava cambiando, che ogni giorno, di lì in avanti, non sarebbe stato uguale a quello precedente e che ogni attimo trascorso lì dentro mi avrebbe trasformato per sempre, lasciandomi addosso tanti piccoli e preziosi frammenti di vita, unici ed indimenticabili. Di fatto, ero un uomo libero ma, nella sostanza, rinchiuso nella cella delle mie paure, sentivo di essere incatenato a doppia mandata... pur avendo le chiavi in tasca. Con il passare dei giorni, dei mesi, degli anni, però, quel mondo mi ha regalato colori mai visti prima e, soprattutto, nuove storie da raccontare. Mi è entrato dentro, è diventato parte di me. Mi ha accompagnato, visto crescere. Mi ha aiutato a capire. Mi ha insegnato ad ascoltare, ad andare con lo sguardo verso l'orizzonte, oltre la grata di quella finestra aperta sull'immensità del mare.
A volte capita, senza accorgersene, di ritrovarsi catapultati nella vita, nel destino, nelle paure di così tante persone, che si finisce per mettere da parte un po' le proprie. Forse è vero che si aiuti per aiutarsi, che si dedichi del tempo per dedicarne, indirettamente, un po' a se stessi. Forse è vero che ogni minuto speso per qualcuno, altro non è che il miglior modo possibile per ringraziare per ogni carezza ricevuta, per ogni dono che la vita ci ha fatto e del quale, troppo spesso, ci dimentichiamo.
Dovevano essere 18 mesi e, invece, senza che neanche me ne accorgessi, sono diventati 3 anni. Perché, in fondo, la vita, quella vera, non si misura in giorni ma in sorrisi conquistati, in brividi che ti corrono lungo la schiena, in pugni allo stomaco che ti tolgono il respiro, in lunghe notti insonni a convincersi di essere all'altezza, in paure da affrontare e sogni da inseguire...sempre e per sempre...anche sbagliando ma lottando per conquistare ogni singolo centimetro della propria esistenza, con tutte le forze.
E cosi è bastato il ricordo di quel rumore sordo del portone in ferro che si chiudeva alle mie spalle e della vita che scorreva lenta negli occhi dei ragazzi perché mi risuonasse in mente quel dolce motivetto:
"... na, nanà na
nanà nanà nanana
Na, nanà na
nanà nanà nanà..."
È passato un po' di tempo da quando ho messo piede l'ultima volta a Nisida, eppure, ogni volta che chiudo gli occhi e mi ritrovo rinchiuso nella cella delle mie paure, incatenato a doppia mandata, pur avendo le chiavi in tasca...sorrido... e canto:
"... nun te preoccupà guaglione
ce sta 'o mare fore,
ce sta 'o mare fore,
ce sta 'o mare fore.
Areto 'e sbarre sott' 'o cielo
ce sta 'o mare fore,
ce sta 'o mare fore,
ce sta 'o mare fore..."
Fabio Amazzini