"Nessun copione"

Sin da bambino sono stato sempre un "gran rompicoglioni", uno di quei figli ai quali dovevi necessariamente dare ascolto perchè l'alternativa era... lo sfinimento. Un susseguirsi di mani sulla faccia alla ricerca dello sguardo, una sfilza di domande incalzanti e ossessionanti sempre alla ricerca di risposte esaustive. Un mare infinito di curiosità che, da sempre, mi attanagliano la mente e che, ancora oggi, tante volte, provo a soddisfare, senza pormi alcun limite. Forse la verità è che non mi sono mai accontentato della visione oggettiva delle cose, finendo, nella maggior parte dei casi, per rovesciare il tavolo o far saltare il banco piuttosto che limitarmi alla prima sensazione, sovvertendo, se necessario, i più tradizionali e standardizzati schemi mentali. Non un' ostinata e forzata ricerca dell'originalità ma, piuttosto, il bisogno di far sì che certe "convinzioni" trovassero più conforto nella distruzione di un assunto che nell'accettazione passiva di regole e leggi universali troppo spesso lontane da quell'utopica idea di anarchia alla quale, chiunque sogni di essere libero, sembra obbligatoriamente destinato ad aspirare. Ero così tanto un "rompicoglioni" che non me ne andava bene una, di risposta, di spiegazione, di motivazione, che subito ripartivo alla carica, fin quando non ne comprendessi il senso più profondo e ne cogliessi ogni impercettibile sfumatura. E, alla fine, "trovavo pace", soltanto quando ogni parola sembrava essere al suo posto, finendoci così, da sè, senza forzature, nel modo più spontaneo e naturale possibile. Come i pezzi di un puzzle si incastrano alla perfezione regalando la magia di una nuova immagine, così, ho sempre preteso che i miei pensieri trovassero complementarietà nei gesti e nei comportamenti involontari, nella straordinarietà delle piccole cose, nei silenzi che raccontano più di mille parole, negli sguardi che ti rendono fragile, nella solitudine di un pomeriggio di un giorno qualunque. È stato sempre così, ed oggi non è diverso da prima. Mia madre mi diceva sempre:《Non puoi convincerti delle tue sensazioni al punto di trasformarle in assoluta certezza, granitica ed impenetrabile. Un "secondo me" prima di ogni pensiero, basterebbe a rendere più morbida e più autentica ogni riflessione》. Eh già perchè, in fin dei conti, un "secondo me" può sembrare poca cosa ma, a pensarci bene, stravolge completamente il senso di ogni parola e pensiero che segue, lo rende autentico, originale, ne preserva l'unicità. E ció che ne viene fuori è una fotografia di un attimo colto ed immortalato senza filtri piuttosto che mera e oggettiva rappresentazione di un qualcosa di facilmente riconoscibile anche ad occhio nudo, percepibile senza il bisogno di abbandonarsi ad un cambio di prospettiva o sforzarsi di andare, anche se a fatica, oltre ogni ragionevole apparenza. Ma la retorica che altro non è che il più geniale ed ironico artificio del dire, è pieno di "secondo me" messi lì soltanto per attirare l'attenzione, per distogliere lo sguardo dall'orizzonte e dirottarlo sulla "piccola barchetta in mezzo al mare" che, sembrerà strano, era lì anche prima che lo zoom dell'eloquenza la mettesse a fuoco. Con il passare degli anni ho sempre provato a non lasciarmi imbrigliare dalla ragnatela delle linee convergenti verso il punto di fuga e, spesso, con coraggio e spregiudicatezza, mi sono lasciato affascinare da tutti gli intrecci e le combinazioni possibili per arrivare ad un pensiero critico che tenesse conto di quanti più fattori possibili. È complicato non inciampare nella facile ironia e non sentirsi al centro di una "mega auto-analisi" quando si prova, sempre e in tutti i modi, a demolire ogni tesi possibile per affidarsi e concedersi soltanto alle uniche in grado di sopravvivere allo stress dell'ostinazione. La malinconica ironia che sposa alla perfezione l'amara consapevolezza di chi non si sente all'altezza. Eh si, perché apprestarsi a riflettere sul mondo che c'è fuori impone l'obbligo di mettere in discussione prima di tutto se stessi. Ed ecco che un "secondo me", nonostante i suoi più nobili propositi, non basta più a mettere in ordine le cose. Diventa , inizialmente, lo scudo con il quale difendersi dalle paure e, un attimo dopo, la gabbia dalla quale provare, in tutti i modi, a liberarsi, per non lasciarsi fregare dalle false sicurezze, dalle verità comode. Via i copioni, si va a braccio. Niente schemi. L'unica regola: generare il dubbio, provare a sentirsi in tutti modi inadeguati. E per farlo bisogna far crollare ogni sovrastruttura, liberarsi di ogni senso del giudizio, percepire le parole altrui, anche quando fanno male, come opportunità e non come un blocco di pietra da dover mandar giù in un solo boccone, per non pensarci più. Per riprendere in mano la propria vita c'è bisogno un po' di lasciarla andare, di mollare la presa, di sentirla scivolare via tra le dita, percepirne il distacco, la delusione di non aver capito, di non averlo fatto prima. Forse quella vita lì non tornerà mai indietro, forse non la stessa, almeno non "secondo me"...e in fin dei conti...va bene così!
Fabio Amazzini