"Nonno Nisida"
Si dice che una delle più grandi magie che una rappresentazione artistica sia in grado di generare risieda nella capacità di trasformare un'emozione, quella autentica dell'autore che immortala le proprie sensazioni dando loro la forma e la sostanza a lui più congeniali, in una nuova emozione, quella di chi, da una certa suggestione, si lascia travolgere e trasportare dove la sua mente vuole andare, dove il suo pensiero trova rifugio. Nel film "Il Postino", il poeta Pablo Neruda si rivolge al giovane Mario Ruoppolo dicendo : " Io non so dire quello che hai letto con parole diverse da quelle che ho usato. Quando la spieghi, la poesia diventa banale. Meglio delle spiegazioni, è l'esperienza diretta delle emozioni che la poesia può far nascere in un animo disposto a comprenderla". E il giovane postino, in un italiano ai limiti del consentito chiude con un aforisma a me molto caro: "La poesia non è di chi la scrive ma di chi...gli serve" (se ne serve...per non far torto alla grammatica). Ho spesso trasformato molte mie emozioni, anche le più intime e nascoste, in musica e parole, e l'ho fatto sempre in risposta ad un fabbisogno naturale, quello di provare a scavarsi dentro il più possibile e tirare fuori tutto quanto, per sentirsi più leggero ed avere nuovo spazio per ciò che il futuro era pronto a riservare. Una sorta di backup del proprio sistema emozionale, da salvare e preservare e, allo stesso tempo, immortalare perchè ne rimanesse vivo per sempre...il ricordo. Eppure, ci sono cose che ci portiamo dentro, inspiegabilmente, alle quali neanche la più spontanea e naturale delle scritture automatiche riesce a dar vita, forse perchè non ne comprendiamo a pieno l'essenza, non ne accettiamo l'assenza, forse perchè qualsiasi chiave di sviluppo dell'idea non renderebbe giustizia ad un pensiero troppo prezioso per esser lasciato libero di volare via, per sempre, tra parole sparse su un foglio bianco. Ed allora basta un luogo, un ricordo improvviso e l'autoradio che suona un brano mai ascoltato prima, per generare quel "tranfert", quella proprietà transitiva grazie alla quale è più semplice prendere in prestito un'emozione altrui e lasciarsi trasportare dove la memoria non trova appigli! Non c'è stato giorno in cui il mio pensiero non sia andato a te almeno per un secondo. Le nostre vite, ahimè, si sono incrociate a stento, per pochi mesi, meno di 10, quasi come se un saluto, soltanto un piccolo saluto, fosse doveroso. Una foto tra le tue braccia, mentre, guardando fuori dalla finestra, saluto il treno e sorrido. I racconti dei miei, in particolare di mia madre, durano il tempo della malinconia. Troppo poco per poterti lasciar andar via. Ed allora..."per ogni volta che vorrò sentirti chiuderò gli occhi su questa realtà..." e mi fermerò per un po' su quella panchina giocando ad inventare una vita insieme, a raccontarti di me, di quanto a volte sia dura, di quanto faccia male saper di non averne avuto l'occasione. Da qui, immagino, tu, chissà quante volte avrai visto lo stesso sole andar via. E incrociare il tuo sguardo per un attimo, anche soltanto con la fantasia, mi fa sorridere e...va bene cosi! "Certe cose fanno male, mica le puoi trattenere, non c'è modo di cambiare quello che non ti va bene, dicono che con il tempo tutto quanto passa, ma quand'è che passa, perchè non mi passa..." Sono trascorsi quasi 40 anni, nonno...e di te non mi resta che qualche immagine in movimento, sfocata e muta, recuperata da un vecchio super8, che spesso guardo in loop per rubare e fare mio ogni piccolo dettaglio possa essere utile a sentirti meno distante, un nome, che so per certo, essere stato una tua scelta, contro ogni tradizione partenopea, ed una banconota da 1$, che spero resti nella tasca di mio padre ancora per molti e molti anni...ma che un giorno sarà mia...e che, quando arriverà il momento, spenderò per comprare quel biglietto di sola andata per venire finalmente ad abbracciarti!
Fabio Amazzini